Nessun brand guidato da persone sane di mente pagherebbe per invitare le persone a insultarlo pubblicamente. Sembrerebbe però far eccezione McDonald’s che, giovedì mattina, ha postato e sponsorizzato a pagamento il seguente tweet: “Ritwitta se non c’è niente di meglio del cheddar” (il “cheddar” è un formaggio a pasta dura).
RT if there’s nothing better than cheddar. #BaconClubhouse pic.twitter.com/AUWbZSzIDO
— McDonald’s (@McDonalds) 9 Luglio 2014
Non ci è voluto molto a far decollare ferventi critiche sui social: “Ci sono molte, molte cose meglio del cheddar @McDonalds. Non avere le chiappe schifose di un clown a servirti un hamburger, ad esempio.” o “@McDonalds ci sono un sacco di cose meglio di una veleno industriale“.
There are many, many things better than cheddar, @McDonalds. Not having a creepy-ass clown serve you a hamburger, for instance. — T. Kyle King (@TKyleKing) 9 Luglio 2014
@McDonalds there’s a ton of things better than mechanically processed poison.
— // Jess // (@JessxJolie) 9 Luglio 2014
Complessivamente il post, non è poi neanche diventato tra i più popolari nella storia di McDonald’s.
In sostanza quindi, sembrebbe quasi che McDonald’s abbia pagato per farsi dire in faccia quanto il suo cibo sia di pessima qualità. E non l’ha neanche fatto bene visto lo scarso engagement ottenuto (90 risposte, 61 retweet e 98 preferiti).
«There is only one thing in the world worse than being talked about, and that is not being talked about». de Il ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde
Non sappiamo se la strategia di McDonald’s fosse basata sul concetto del “nel bene o nel male purchè se ne parli“, la cosa certa è che non è però la prima volta che accade.
Alcuni ricorderanno infatti che già nel 2012 la sua #McDStories hashtag fu un fiasco fin da subito. Poco dopo il lancio della campagna, l’hashtag fu intercettato dagli utenti twitter desiderosi di condividere tweet ironici anzichè pubblicare foto e pensieri sui bei momenti passati al McDonald’s, come invece auspicato dal brand. Basti pensare che la campagna uscì talmente tanto dai binari che McDonald’s fu costretta ben presto a slegarsi completamente dall’hashtag, apportando poi alcuni inevitabili interventi correttivi alla strategia di comunicazione.
Lainey Garcia, responsabile delle comunicazioni esterne di McDonald’s U.S.A, sdrammatizza affermando che il brand riceve giornalmente migliaia di menzioni e che le risposte “sgarbate” sul cheddar rientrerebbero assolutamente nella normalità. Ed aggiunge: “Noi continueremo ad interagire con i nostri fan, siamo entusiasti delle possibilità offerte (dai new media) e siamo orgogliosi di sfruttarle”.
L’azienda, secondo DigiDay, ha preferito non entrare nel merito delle modalità con cui decide quali tweet promuovere e di ogni altro aspetto della strategia social (a differenza di American Apparel che, in seguito ad un post “poco fortunato” su Tumbrl, ha invece preferito additare la colpa ad un giovane ed inesperto social media manager).
E’ pur vero che i social sono un media relativamente nuovo e che la continua sperimentazione faccia un po’ parte del “gioco” ma fino a che punto si deve osare?
Secondo voi però bisognerebbe essere più prudenti oppure siete tra i sostenitori del “nel bene o nel male purchè se ne parli”?
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