Prevedere il futuro oggi è possibile. Pronti quindi a dire addio a maghi, cartomanti e astrologi? Oggi c’è qualcuno che conosce tutto su di noi: sono i colossi del Web e del digital marketing.
Navighiamo su Internet tutti i giorni, disseminando in rete preziose informazioni su di noi senza neanche rendercene conto.
Siamo registrati ad almeno un social media, mettiamo like a Pagine e post, guardiamo video, visitiamo siti Web, usiamo il nostro smartphone… Non tutti sanno che queste semplici azioni permettono ai colossi del Web, e del digital marketing, di ottenere database immensi su di noi (i cosiddetti Big Data per l’appunto): dati socio-demografici, interessi, abitudini, dove ad esempio siamo stati in vacanza, dove ci troviamo attualmente, se abbiamo appena traslocato, quale cellulare possediamo e così via. Informazioni che spesso, con l’aiuto di quelli che vengono chiamati Cookies, vanno a comporre una sorta di nostro identikit digitale che proprio noi abbiamo fornito alle multinazionali tramite le nostre azioni più o meno intenzionali su Internet, magari semplicemente utilizzando il nostro smartphone.
Tutti questi dati, ottenuti con molte tecnologie tra cui i famigerati Web Cookies, vengono utilizzati da colossi come Facebook e Google per permettere agli inserzionisti di realizzare campagne di marketing sempre più profilate. In poche parole, conoscono tutto il nostro passato e lo vendono (in forma criptata) ai pubblicitari per effettuare campagne di marketing sempre più targettizzate.
Se ci pensiamo, le ricerche che facciamo su Web, possono dire molto su di noi. Riflettono i nostri interessi, i bisogni immediati e quelli futuri. Proprio grazie ai siti ricercati e visitati, ad esempio, Google è inoltre in grado di determinare alcuni degli eventi più importanti della nostra vita: se ci siamo appena laureati, se stiamo per traslocare o abbiamo traslocato di recente, se ci stiamo per sposare o se ciò è appena accaduto. Ovviamente queste informazioni vengono elaborate e fornite, in forma aggregata, agli inserzionisti per mostrare annunci pubblicitari sempre più coerenti e contestuali.
Il colosso di Mountain View ci regala, ad esempio, dello spazio di archiviazione di posta (Gmail) anziché farcelo pagare, cosa che invece sarebbe del tutto legittima visto che tale spazio di hosting ha un costo. Perché dunque tanta generosità? Semplice, per ottenere una mole di nostre informazioni da fornire ai guru del marketing (qui per approfondire).
Discorso analogo per Google Photo, il servizio di hosting fotografico che Big G mette a disposizione degli utenti, anche in questo caso, in modo del tutto gratuito ed addirittura illimitato. Atto di puro altruismo nei confronti della comunità? Quest’azienda sembrerebbe in grado di estrarre moltissime informazioni dalle foto che noi archiviamo: ad es. il luogo in cui sono state scattate, il dispositivo da cui sono state riprese e addirittura i nostri interessi. Tante informazioni da una semplice foto? Certo, tramite un algoritmo di “machine learning” (un meccanismo del tutto simile a quello che permette di ricercare foto su Google Immagini, per intenderci) è in grado di identificare il contenuto della foto: capirà quindi amate se amate il sushi, se siete soliti andare al mare o montagna semplicemente identificando il contenuto della foto. Insomma, tutti i vostri interessi senza che voi dobbiate muovere un dito.
E se proprio dubitate, provate ad aprire Google Photo e fate una semplice ricerca, ad es. scrivendo “mare”: vedrete che verranno immediatamente filtrate le foto in cui voi siete al mare, senza che le abbiate identificate con dei tag descrittivi (come accadeva in passato). Niente male vero?
Google ci offre anche Google Maps (stesso discorso vale per Waze): il servizio di navigazione per smartphone, anch’esso totalmente gratuito. Vi siete mai chiesti come faccia a fornirvi l’aggiornamento del traffico stradale in tempo reale? Forse un po’ semplificando, ma sono proprio i nostri smartphone che, sempre connessi ad Internet e con il GPS attivo, trasmettono continuamente informazioni a Google: in base alla densità di persone connesse, alla velocità media di quel tratto stradale e ad altri fattori, è in grado di determinare se in quel momento un tratto stradale è più trafficato della media. Nel caso lo sia, Google Maps è addirittura in grado di suggerirci un percorso alternativo. Ovviamente le informazioni sulla nostra localizzazione sono utilissime a Google così come agli inserzionisti che si servono dei suoi servizi di advertising. Ma d’altro canto più saranno numerose le persone ad utilizzare il servizio, maggiore sarà l’affidabilità del medesimo e, di conseguenza, l’utilità per noi.
Sempre sfruttando il GPS del vostro smartphone, in modo del tutto analogo a quanto appena visto sui sistemi di navigazione, Google è in grado di dirvi se un esercizio pubblico (ad es. un negozio/cinema/museo ecc.) è in quel momento molto affollato, qual è il tempo medio di permanenza, il giorno della settimana più indicato per visitarlo senza dover affrontare code chilometriche.
Ma anche Apple non scherza in quanto ad informazioni possedute: basti pensare ai dati di utilizzo delle App, allo sblocco dello smartphone tramite impronte digitali ed oggi anche tramite riconoscimento facciale (tecnologia che anche Facebook utilizzerà per suggerirci i tag ad amici presenti nelle foto e già utilizzata da molti altri device per i sistemi di login), e molto altro. Per il momento non si sa come verranno utilizzate queste tecnologia, Apple rassicura gli utenti dicendo che “le impronte digitali non vengono mai archiviate nei server Apple e non possono essere usate per il confronto con altri database di impronte.”. Su questo quindi possiamo star tranquilli, forse, per il momento.
Se fino a questo punto non siete rimasti impressionati, è arrivato il momento di fare sul serio, di andare un po’ più in profondità su ciò che le aziende possono sapere su di noi. Più precisamente, possiamo andare al nucleo della questione, o meglio al nostro DNA.
No, non sono impazzito, parliamo del DNA, il nostro patrimonio genetico, in cui ci sono tutte le informazioni su come siamo, sul nostro passato, sul nostro futuro e sulla possibilità di sviluppare delle malattie.
Google sta allestendo in sordina la più grande biobanca genetica del mondo. Più in generale, le grandi multinazionali stanno facendo a gara per mettere le mani sul nostro patrimonio genetico. Ma perché tutti vogliono il nostro DNA? Il DNA è innanzitutto informazione, una delle informazioni più ricche, più preziose: la parola “biobanca” ci fa già intuire naturalmente il grande interesse commerciale.
E’ sempre più semplice accedere alle nostre informazioni genetiche: i costi delle tecnologie genetiche si stanno abbassando notevolmente e di conseguenza questi dati stanno uscendo dall’ambito degli addetti ai lavori, dei laboratori, per entrare letteralmente nelle nostre case. Il test genetico oggi costa meno di 200 euro e si può ordinare comodamente online. Uno dei siti più usati al mondo è 23andMe.
Dopo averlo ordinato online, il kit arriva comodamente a casa con tanto di istruzioni. Flacone e buste per sigillare la provetta debitamente riempita con un campione della propria saliva e pronti per l’invio. Dopo due mesi i risultati ci vengono spediti via mail.
Il test ci darà informazioni sulle nostre caratteristiche genetiche:
- alcune curiosità: ad esempio se i nostri tratti genetici sono simili a quelli della Regina Maria Antonietta o di Albert Einstein.
- la nostra reale provenienza geografica: se siamo italiani solo per il 50% e per il resto nord-africani, mediorientali ecc.
- qualcosa anche sulla nostra salute. Se ad esempio siamo intolleranti al lattosio, in grado di reggere l’alcool, assorbire i grassi, predisposti al Parkinson o Alzheimer e così via. Se abbiamo qualche variante genetica che ci esponga a rischi di contrarre determinati tipi di malattie, non ancora manifestatesi.
Ma questi dati saranno veritieri? Mentre le istituzioni discutono sull’affidabilità di questi test, noi avremo in casa l’apparecchio per leggere direttamente in casa il nostro DNA. Nel frattempo che il kit diventi accessibile a tutti, c’è già chi pubblica online le proprie informazioni genetiche. È la nuova dimensione social del DNA introdotta sul mercato mondiale dalla 23andMe che ci consente di scoprire chi nel mondo ha il DNA simile al nostro. Una sorta di bacheca dove vengono mostrate (con tanto di generalità) le persone con DNA simile al nostro ed il grado di parentela con esse.
L’utilizzo del nostro DNA, se sfruttato per fini pubblicitari, in un futuro poi non così lontano permetterà dunque agli uomini del marketing di esporci a pubblicità targettizzata sulla base del nostro patrimonio genetico. Un esempio? Lo spot di una lozione anti-caduta dei capelli prima ancora che il problema di calvizie si verifichi.
Bene, che siate rimasti spaventati o piacevolmente stupiti. Siete pronti a rinunciare ad un po’ della vostra privacy per avere sempre più servizi e promozioni tagliate su misura per voi?
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